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Immagine del redattoreSerena Dama

Educazione e Istruzione, distinguere l'una dall'altra.

Nonostante i termini educazione e istruzione vengano spesso utilizzati come sinonimi il loro significato è ben diverso, soprattutto se lo chiedete ad un educatore o un pedagogista 😉

Cosa significa educare? Perché è importante distinguere l’educazione dall’istruzione?

Per comprendere questa differenza e per capire perché si utilizza una parola rispetto ad un’altra è necessario andare a ricercare il significato etimologico e l’origine delle due parole. Così come riporta il dizionario online Treccani la parola educare deriva dal latino, ex ducere, e significa letteralmente “portare fuori”. Quindi, trarre fuori dal soggetto capacità e risorse preesistenti, già insite in lui. Con la parola insegnare invece si fa l’opposto, già il prefisso “in” ci indica l’azione di mettere, inserire qualcosa dentro. Il termine deriva dal latino, in-signum, imprimere segni. Ed è proprio qui la netta differenza tra i due termini. Immaginiamoci la mente umana come una scatola dalla quale possiamo decidere di utilizzare strumenti che già possiede o di inserirne dei nuovi, educatori e pedagogisti promuovono l’ex-ducere, mentre nelle scuole si cade spesso nell’errore di limitarsi all’ in-signum. Non voglio dire che una è meglio dell’altra, certo è che nelle scuole non possiamo pensare di limitarci all’insegnamento, inserire informazioni nelle testoline non può essere sufficiente per definire il maestro un “buon maestro” così come non può essere sufficiente per formare gli alunni. Quando si trasmettono nozioni è prevedibile che le stesse vengano imparate meccanicamente, senza dar loro un senso e una logica. Il mondo in cui viviamo, soprattutto mi riferisco a quel mondo globale e interconnesso degli ultimi decenni, ci costringe ad andare oltre i confini, le definizioni preconfezionate e lo studio mnemonico, è importante che il bambino che diviene ragazzo sia in grado di far proprie quelle informazioni, collegando le discipline, imparando a scuola le basi della socializzazione e dello stare al mondo. Ecco perché non è possibile limitarsi all’insegnamento, all’inserire informazioni, strumenti dentro le menti dei bambini. Il professore Ivo Lizzola dell’Università di Bergamo nel suo libro Condividere la vita scrive: educare è mettere in comune la vita.

Proprio perché educare non è in-signum è necessario spiegare il mondo, trasmettere le interpretazioni, accompagnare a incontrare la realtà, mettere in comune un vissuto, condividere non solo informazioni ma anche esperienze. L’educare è molto concreto, non è solo il passaggio di informazioni da una persona all’altra ma significa condividere, accompagnare, si educa e contemporaneamente ci si auto-educa. Primo fra tutti fu Socrate a parlare di questa metodologia, l’educatore non si pone ad un livello superiore rispetto all’allievo, si trovano sullo stesso piano, imparano l’uno dall’altro ponendosi delle domande, cercando e ricercando insieme le risposte, condividendo le proprie esperienze, stando e so-stando consapevolmente nella relazione educativa. Il metodo socratico, seppur così antico e a tratti sottovalutato, rimane attuale. Da diversi anni ci interroghiamo sul ruolo dell’insegnante nelle scuole italiane e al riguardo è importante che l’insegnante diventi educatore, che non si limiti a trasmettere delle informazioni bensì diventi mediatore tra le capacità pre-esistenti degli alunni e la fuori-uscita delle stesse. Ci siamo abituati alla classe come un insieme di alunni che ascoltano prendendo appunti, due settimane dopo viene proposta una verifica per assicurarsi che le informazioni siano entrate nella testolina, seppur temporaneamente. Dopo di che si può passare al nuovo argomento indipendentemente dal fatto che ciò che è stato detto sia stato realmente capito, metabolizzato e fatto proprio. Anzi, pur sapendo che i metodi di verifica siano sbagliate, alienanti e omologanti, spesso neanche gli insegnanti sono in grado di fornire test diversi e adatti alle capacità di ogni alunno, tenendo conto delle naturali diversità. Ricordiamoci però che la scuola, dopo la famiglia, è il luogo maggiormente frequentato dai bambini, dove si pongono le basi della socialità, della formazione emotiva e personale. La scuola oltre ad essere luogo di crescita culturale deve porre attenzione alla crescita psicologica e sociale del bambino, così da creare “teste ben fatte” piuttosto che “teste ben piene”.

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